con Leonardo Adorni, Jacopo Maria Bianchini, Angelo Facchetti, Alessandro Mori
regia Mario Gumina
“Tutto ciò che si avvicina al libero gioco della vita ci è praticamente ignoto…e in quanto a credere sono pronto a credere a tutto ciò che è incredibile”
O.Wilde
La strana vicenda di tre. Alle prese con piccoli drammi quotidiani vivono stretti stretti in una minuscola casetta, dove nulla è prevedibile, niente è ciò che sembra. Impreviste abilità e acrobazie rivelano piccole e sorprendenti realtà.
Tête à tête è uno spettacolo che nasce dalla volontà di accostarsi ai linguaggi del teatro gestuale e del nouveau cirque. Il risultato è una sorta di gioco di specchi, una dinamica di scatole cinesi; una storia piccola piccola e delicata, dentro una struttura scenografica dai volumi trasformabili, dentro uno spazio scenico percorso e vissuto in ogni sua dimensione, dentro una efficace e programmatica teatralizzazione delle tecniche circensi, dentro, infine, un divertente e ben costruito continuo gioco comico con gli oggetti più disparati. Proprio la padronanza letterale degli oggetti, la compenetrazione tra corpi e solidi, l’uso dello spazio scenico in ogni sua declinazione e il ruolo attivo affidato ad ogni forma di scenografia, costituiscono infatti l’ossatura, la base di partenza ed insieme l’originalità ed il risultato delle scelte di sperimentazione e di ricerca di questa rappresentazione.
Giocoleria, acrobazia, mimo, clownerie e recitazione classica si incontrano e si incrociano all’insegna della fertile integrazione tra discipline diverse; acrobazie ed evoluzioni, dunque, non finalizzate a se stesse ma integrate in una struttura ed in un discorso drammaturgici.
Lo sviluppo tematico dello spettacolo segue l’intimo e quotidiano tête à tête tra tre giovani amici che si trovano a doversi confrontare con i motivi e con le paure comuni a tutti gli esseri viventi; la difficoltà di affrontare il mondo esterno simboleggiato da una piccola radio che invia messaggi spesso catastrofici destinati ai soli protagonisti e da una porta che gli interpreti faticano ad aprire, la paura di confrontarsi con il mondo del lavoro – «la valigetta è fondamentale, non bisogna scordarla mai»; allora perché scompare continuamente tra le braccia e le contorsioni dei tre giovani coinquilini? – «il curriculum va sempre tenuto stretto stretto»; talmente stretto che finisce prima ben appallottolato e poi usato come semplice strumento di giocoleria – il disagio, infine, di una casa a volte troppo piccola, anche se l’appartamentino di «un metro per un metro» diventa «spazio-sissimo» per la logica gioiosa e surreale dei protagonisti. Il poetico gioco comico continua poi sino alla scena finale in cui gli interpreti escono di scena come tre buffe apparizioni attraversando una fune che fa da raccordo tra il palco e il resto del teatro, quasi a voler sottolineare che il clown continua ad essere tale anche al di fuori della finzione scenica.